Così vicina, così lontana. Incuneata tra le montagne del Caucaso e con rapporti di vicinato assai complessi, l’Armenia è un antico e irripetibile angolo di mondo dalle personalità multiple, bizzarro, controverso, e tremendamente ospitale.
Ostica da raggiungere causa scarsi collegamenti aerei e terrestri, frontiere chiuse (Turchia, Azerbaijan) e vicissitudini di varia natura (Armavia, ex compagnia di bandiera, chiuse baracca nel 2013 per bancarotta), l’Armenia è relativamente nota in Italia tra gli appassionati di turismo religioso. Due parole che già prese singolarmente mi incutono un certo nonsoché – amo i viaggiatori, i turisti allo sbaraglio anche no -, messe insieme, brrrrr… In realtà, l’Armenia, per chi sa viaggiare, è fonte di grandissime soddisfazioni su molteplici fronti. Storia, cultura, natura, enogastronomia (mai sentito parlare del brandy Ararat?), musica (jazz armeno, provare per credere), architettura sovietica, auto sovietiche…
Ciò non toglie che il patrimonio religioso, sotto forma di chiese, monasteri, monumenti, cerimonie, ricorrenze, varie ed eventuali, sia culturalmente e architettonicamente impressionante. L’itinerario di quasi 800 chilometri pubblicato sulle pagine di Bell’Europa – clamorosamente percorso dal sottoscritto a bordo di una sovieticissima e sbilenca Zaporozhets bianca dell’artista e amico Shahe Haroutunian – include i principali monasteri del paese caucasico, e a prescindere dal credo (o dal non credo), è una gran bella esperienza on the road. Anche perché la quasi totalità si trova in cima a colline, cucuzzoli e montagne con vista panoramica sulle valli, i fiumi e i laghi circostanti.
Per non parlare delle Wings of Tatev (le ali di Tatev), cabinovia da primato – è la più lunga
del mondo con i suoi oltre 5,7 chilometri – che dal villaggio di Halidzor si arrampica in cima al monastero di Tatev viaggiando a 37 chilometri l’ora a un’altezza di 320 metri d’altezza sulle gole del Vorotan. Superspettacolo.
Ma ci saranno tempi e modi di parlare di Armenia su Gulliver – eccome se ci saranno. Per il momento, però, meglio approfittare della carta stampata (oggi esiste, domani chissà) e procurarsi il numero di febbraio di Bell’Europa prima che vada esaurito. Il reportage si trova a pagina 102, con foto del sottoscritto e testi dell’insuperabile Claudia Sugliano.